Secolo XV
Non riusciamo ad indicare a quali feudatari sia appartenuta Castiglione dagli inizi del 400; sappiamo però che nel 1417 appare nelle mani dirette della Corona.
Notizie più precise riguardano il Castello di Appignano di cui è signore nel 1401 Giacomo di Adamo e nel 1411 uno dei feudatari è Masio Tile.
Il 1417 è anno importante per Castiglione ed Appignano: il 2 ottobre, mediante due distinti atti di compravendita, il Castrum Castellionis ed il Castrum Appiniani entrano a far parte della Città di Penne.
Nell’uno e nell’altro documento, la regina Giovanna II dichiara che, avendo bisogno di denaro per provvedere alla paga dei soldati e non volendo parimenti gravare sui suoi fedeli sudditi, aliena il Castrum Castellionis per il prezzo di ducati 1.200 di buon oro, di regolare conio e peso controllato, e il Castrum Appiniani al prezzo di 600 ducati. A comperare è l’Università di Penne, rappresentata dal suo procuratore (sindaco), il nobiluomo Francesco. I castelli di Castiglione e di Appignano vengono venduti con quanto di loro stretta pertinenza e cioè: i fortilizi, gli uomini, i vassalli e i loro redditi, i censi, le servitù, le case, i vigneti, gli uliveti, i giardini, i pascoli, gli alberi, etc.. Negli atti, inoltre, vi sono anche i confini dei castelli acquistati. I due strumenti, sotto forma di privilegi, sono riportati nel Salconio, che ci informa anche che lo strumento pubblico redatto fu rogato il 4 settembre 1428 dal notaio Nicola Trisi.
La signoria di Penne ebbe breve durata. In seguito alle ingiuste vessazioni che gli ufficiali regi compivano nei riguardi delle popolazioni dei castelli acquistati, la Regina riporta nel Demanio Regio (1420) Montesecco, Castiglione, Bozza e Casalieto e nomina come capitano di queste terre Jacopo Caldora. Costui successivamente, nel 1430, vendette a Giosia Acquaviva la “Baronia di Monte Secco”, comprendente Castrum Montis Sicci, Castrum Castiglioni, Castrum Boccie e Castrum Casalieti.
La lotta per il possesso del regno fra Angioini e Durazzeschi prima e tra questi e gli Aragonesi poi, rende molto instabile il possesso dei castelli della “Baronia”, in cui è confluita anche “Pignano”, conquistata dal Giosia nel 1439.
Nello stesso anno Appignano viene assalita e presa da Michele degli Attendoli per conto di Francesco Sforza. Lo stesso Michele pone poi il suo campo sotto Castiglione ed assedia Monte Secco che, però, non riesce ad espugnare.
La presa di Appignano e la resistenza di Monte Secco sono tra i pochi episodi di guerra avvenuti nella vallata del Fino.
Nel 1444 Giosia d’Acquaviva, in urto con Alfonso I d’Aragona, si ribella al Re e compie varie incursioni nel teramano; per questo motivo, il Re toglie al ribelle il Castello di Castiglione della Baronia di Monte Secco e lo conferisce con diploma di investitura a Pietro Paolo de Corvis, milite e dottore in legge, in virtù della sua fedeltà alla causa aragonese. Morto il Giosia (agosto 1462), il Re con privilegio del 27 settembre dello stesso anno, da Lucera conferisce con investitura gli stessi castelli a Giulio Antonio d’Acquaviva, figlio di Giosia.
Per parecchi anni nominalmente Appignano, Castiglione, Montesecco, Bozza, San Giorgio, etc. … rimasero agli Acquaviva.
Quando il 7 febbraio 1481 morì Giulio Antonio, Re Ferrante I concesse a suo figlio Andrea Matteo III tutti gli Stati ereditati per parte paterna e materna, tra cui troviamo Castiglione, Appignano, Montesecco, Bozza, Bisenti, Elice, etc..
Ma Andrea Matteo andò in contrasto col Re e si accostò ai baroni ribelli nella congiura contro il sovrano. Le terre della baronia sono di nuovo in mezzo alla guerra.
Il 13 marzo 1486, Ferrante I tolse ad Andrea Matteo il Castrum Castigliunii, Il Castrum Monti Sicci, il Castrum Appignani, il Castrum Bisempti ed il Castrum Castaneae e li donò alla Civita di Penne.
Il 15 maggio 1489 Andrea Matteo fu reintegrato in tutti i suoi Stati e così Castiglione tornò a far parte della sua Baronia.
Quando Carlo VIII alla fine del 1495 invase il Regno di Napoli, Andrea Matteo III, astioso verso gli Aragonesi, si schierò dalla sua parte. Ma allorché Ferrante II recuperò il Regno, il Duca di Atri, dichiarato ribelle, perse tutti i possedimenti; successivamente gli furono restituiti da Re Federico solo i possedimenti di Calabria e Puglia.
Una curiosità: secondo il Greco, pare che Andrea Matteo III, amante dell’arte e delle lettere e che aveva sotto il suo patronato ben cinque chiese di Castiglione, agli inizi del 500 sia stato il committente di una croce processionale, cesellata dall’orafo Piero Santi, attualmente esposta nella chiesa di San Donato di Castiglione Messer Raimondo. La croce, restaurata nel ’700, mostra danni e manca di sfere traforate, di globi e di un tamburello.